venerdì 17 aprile 2020

La "catastrofe" nella filosofia di Platone: STEP#8


In questo step vi condividerò alcune parti del Fedone, parte dei "dialoghi" di Platone,  identificando il tema della "catastrofe" con la visione della morte nella filosofia platonica, in cui la figura concettuale del filosofo è alle prese con questa idea. Secondo Platone il filosofo è colui che aspetta la morte, poichè essa è in grado di liberare l'anima dal suo contenitore, ovvero il corpo che è legato ai sensi dell'uomo che non fanno altro che allontanarlo dalla pura verità delle cose. 
Dopo questa breve presentazione del discorso vi pongo alcuni parti che rendono chiara la concezione filosofica della morte per Platone.

-Socrate, ma in che senso dicono che non è lecito darsi la morte? Che sia una cosa da non farsi (come anche tu hai or ora accennato), io l'ho già sentito dire da Filolao, quando era tra noi e anche da altri ma, per quale esatto motivo, mai nessuno me l'ha chiarito.»

[...]«Veramente la cosa, così com'è, può anche sembrare irragionevole,» replicò Socrate; eppure, una sua logica ce l'ha. A questo proposito c'è una frase nei Misteri che dice: ‹In una sorta di prigione siamo rinchiusi noi uomini, e non è lecito liberarsi da soli, né evaderne.› Una frase, per me, tanto profonda quanto oscura. Ma una cosa tuttavia è chiara, Cebete, che cioè gli dei si prendono cura di noi e, noi uomini, siamo un po' come un loro possesso. Non ti pare?» «Ah, senza dubbio,» rispose. «E dimmi un po', allora, non ti arrabbieresti anche tu se uno dei tuoi schiavi si uccidesse, a tua insaputa, senza che tu avessi consentito alla sua decisione di morire e non lo puniresti, per questo suo gesto, se ne avessi ancora la possibilità?» «Certo,» asserì . «Quindi, da questo punto di vista, non sembra per niente illogico che uno non debba togliersi la vita prima che un dio non lo abbia messo nella necessità di farlo, come in questa, per esempio, in cui oggi mi trovo io.» 

In questa prima parte è trattata una premessa fondamentale del pensiero di Platone, secondo cui la morte non va cercata ma va attesa.

-Orbene, a nostro avviso, la morte è qualcosa?» «Sicuro.» «E che altro è se non separazione dell'anima dal corpo? E il morire cos'è se non un distinguersi del corpo dall'anima, un isolarsi in sé, un separarsi dall'anima e, questa, a sua volta, dal corpo? Che altro è la morte se non questo?» «Proprio così .» «Guarda, ora, mio caro, se sei d'accordo con me, perché questo è importante per comprendere meglio quello di cui discutiamo. Ti pare che un vero filosofo possa curarsi di piaceri come quelli del mangiare e del bere ?» «Niente affatto.» «E di quelli d'amore?» «Nemmeno.» «E degli altri piaceri del corpo, come, per esempio, bei vestiti, scarpe di marca, altri ornamenti del genere, tu credi che il filosofo li tenga in gran conto e, comunque, più di quanto la necessità lo richieda?» «Credo che il vero filosofo le disprezzi tutte queste cose.» «E allora,» proseguì , «non ti pare che tutte le preoccupazioni di un uomo simile siano rivolte non al corpo, che anzi, per quanto può, egli trascura, ma all'anima?» «Sì , certo.» «E, allora, non è chiaro, tanto per cominciare, che, in tutto questo, il filosofo cerca di liberare, per quanto possibile, l'anima da ogni influenza del corpo, riuscendovi assai meglio degli altri?» «Pare.».

[...] Voglio dire questo, cioè: la vista o l'udito danno agli uomini la certezza assoluta oppure, come ci dicono i poeti, noi nulla vediamo e nulla udiamo con precisione? E se questi sensi non sono né sicuri, né adeguati, noi non possiamo fare affidamento sugli altri che, in effetti, sono ancora più approssimativi e difettosi, non credi?» «Eh, certo.» «Quand'è, dunque, che l'anima coglie la verità? evidente che, quando essa si accinge a considerare qualche questione e lo fa con l'aiuto dei sensi, cade in inganno.» «Esatto.» «E allora, non è attraverso l'attività razionale, più che con ogni altra, che l'anima coglie in pieno la verità del reale?» «Sì .» «E, senza dubbio, l'anima esplica questa sua atti-vità quando nessun turbamento, da parte dei sensi, venga a distoglierla, né la vista, né l'udito, né il dolore o il piacere; solo quando resta tutta isolata e raccolta in sé, trascurando il corpo, staccandosi completamente da esso, senza più alcun contatto, essa può cogliere la verità.» 

In queste parti invece la morte è il fulcro del discorso, dove viene presentato un dialogo molto interessante in cui la figura di Socrate invita il filosofo a non temerla.

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